IL CRISTIANO E LA DISOBBEDIENZA. DARE A DIO

Porta Portese – giornale del 12 agosto 1988 – Viterbo e provincia

IL CRISTIANO E LA DISOBBEDIENZA. DARE A DIO

Ho letto l’articolo “DARE A CESARE” apparso sul numero due di UNUCI (la rivista dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo D’Italia) del 10/4/1988. Si tratta di una critica contro quei parroci del triveneto che oltre al Vangelo avrebbero predicato l’evasione fiscale al fine di sottrarre alle casse dello Stato risorse per gli armamenti.

In tale articolo, oltre a sottolineare il fatto che si sarebbe andati oltre l’opera di apostolato e che i sacerdoti dovrebbero limitarsi al solo ministero del culto, si citano quegli articoli della Costituzione che fanno riferimento al sacro dovere della difesa della Patria e quelli che fissano gli obblighi fiscali del cittadino. Inoltre, per sottolineare il “non senso” dell’iniziativa di quei parroci, si rammentano tutte quelle attività della Chiesa ufficiale (discorsi del Pontefice e l’opera senz’altro meritoria dell’Ordinariato militare) per sostenere una affinità fra il Cattolicesimo e le istituzioni militari. L’articolo si chiude citando quella celebre risposta di Gesù alla domanda se fosse lecito oppure no pagare le tasse; domanda formulata dai provocatori farisei intenzionati di compromettere comunque il Maestro o nei confronti degli occupanti. romani o dei patrioti Israeliti. Come è noto, Gesù chiese agli interroganti di chi fosse l’immagine apposta sulla moneta in corso e ricevutane la risposta disse: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.

Aver posto a conclusione dell’articolo detta citazione costituisce una distorsione, in quanto con essa si vorrebbe sostenere una sostanziale divisione fra materie cosiddette sacre e materie cosiddette profane. Esse marcerebbero su due binari paralleli senza mai interferire fra di loro.

Mi sembra superfluo dire che una tale visione del sacerdozio non corrisponda affatto all’insegnamento di Gesù. La religione cristiana, checché se ne dica, si occupa grandemente della vita sulla terra, essa non ha i caratteri spiritistici tipici delle religioni orientali né quelli materialistici del paganesimo classico e moderno. Ed allora in tale ottica non è possibile tracciare una dicotomia tra l’interesse civile e quello religioso perché essi si fondono in un tuttuno. Vorrei anche sottolineare la mia convinzione che fra il militarismo e la Parola non vi sia alcuna possibilità di incontro. E se questo assoluto distacco, nei secoli passati come ai tempi odierni, si sia voluto dimenticare, ciò non fa mutare l’ordine delle cose.

Diverso è il discorso per il militare, questi non solo vicino al Cristo ma vi si immedesima poiché come Lui agnello pasquale, vittima innocente. Il soldato, infatti, come il Cristo, si ricolma delle colpe del proprio paese e per esso immola se stesso pagando con la vita, con il sangue. Gli egoismi e le colpe dei governanti e delle classi che ad ogni costo vogliono conservare il proprio potere vengono riscattati dal soldato; le guerre sono sempre e da tutte le parti in lotta causa di MAL GOVERNO. In questa chiave, secondo me, vanno viste le iniziative del Pontefice e le opere meritorie ed eroiche dei Cappellani militari e comunque di tutti i ministri del culto di tutte le armate. Le cerimonie religiose prima delle battaglie vengono celebrate da ambedue le parti del fronte e Dio non è una di queste parti ma da quella del soldato.

Come sopra accennato l’apostolo non può non occuparsi della vita in tutti i suoi aspetti, di quella sulla terra e di quella gloriosa una volta che il Signore sarà tornato. “Io vi dico: non berrò d’ora innanzi di questo frutto della vite, fino al giorno quando lo berrò con voi nuovo nel regno del Padre mio” (Matteo, 26,29). La fede cristiana non è un qualcosa di privato da tener nascosto ma al contrario essa non ha sostanza se non applicata con le opere butti i giorni e in tutti gli ambienti e circostanze. Il comando della difesa della Patria ha un valore civile e non religioso e gli articoli della Costituzione non prevalgono-sulla legge del Signore, la quale non è fatta di codici complicati ed indecifrabili ma di dieci semplici articoli che Gesù ha ricondotto in un solo Testo Unico, con un articolo unico, … l’amore.

“Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli unì gli altri e come Io vi ho amato, anche voi vi amiate gli. uni gli altri: in questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. (Giovanni, 13,34).

Il Cristiano ha scolpita questa legge fondamentale e questa unica legge è i1 suo termine di paragone per tutte le situazioni. Nel suo cuore egli valuta e concepisce il momento in cui deve finire l’osservanza e la sottomissione all’Autorità civile. Le autorità e le leggi vanno rispettate, questo è garantito (si legga San Paolo), poiché qualsiasi potestà è consentita da Dio ma quando la potestà non è più a favore dell’Uomo e dell’Amore, il Cristiano concepisce la disobbedienza. A questo punto la potestà crolla poiché essa si basa sul generale consenso ed è la disobbedienza libera, cosciente   e responsabile che è utilizzala da Dio per abolire le potestà che Egli più non consente. È con la disobbedienza cosciente e pacifica che il cristiano riceve la gloria, attraverso il sacrificio quale naturale conseguenza della Verità. La disobbedienza del cristiano non è quella che accompagna la violenza ma è quella che è stata decisa dopo aver accettato le estreme conseguenze: il sacrificio personale.

“Maltrattato, Egli si è umiliato. e non aprì bocca; come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori non aprì bocca” (Isaia 53,7)

Attenzione, quindi a non snaturare le Parole del Cristo!

Date a Cesare  quel che è di Cesare non vuoi dire che la vita religiosa e quella civile siano due cose diverse e distinte come è diverso essere un buon lavoratore al mattino ed- un giocatore dì pocker la sera ma vuoi dire che si deve vivere nel mondo civile e rispettare le sue regole ma…. a Dio bisogna dare quel che gli appartiene.

A questo punto ritengo di dover dire, con autentica paura, che se la nostra giubba militare, della quale personalmente vado orgoglioso, debba bagnarsi. di sangue sarebbe giusto che essa si bagnasse del nostro sangue.

Viterbo, 11 4/6/1988

Giancarlo Barra

Ten. in c. della G. di F. Sezione UNUCI di Viterbo

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